I sonni son desideri

Prendi un uomo che abbia veramente sonno e sta’ sicuro che ha almeno una possibilità di tornare un uomo con tutte le sue f-a-c-o-l-t-à intatte, diceva il poeta. A guardare con una carrellata il vagone numero cinque del Vivalto, oggi, alle sei e cinquantadue, dalle parti di Morolo, per quanto innamorato del poeta, non è che ti senta di dargli piena ragione. Sì, questi uomini e queste donne hanno veramente sonno, tanto che dormono in un intreccio quadrilaterale di gomiti, poggiagomiti, gambe, ginocchia e piedi piegandosi a considerare un dolce cullamento uno sferragliare amaro, ma non sanno a che ora arriveranno, figurati tornare. E poi, con quali facoltà: quei corpi sgonfi, reclinati su sedili che hanno vinto la guerra contro l’ergonomia, testimoniano una sospensione sine die delle capacità intellettive, tipica di chi continua a informarsi attraverso il Tg1.

Sia detto a suo merito, però: il pendolare affronta il recupero del sonno perduto con lealtà sportiva, senza aiuti farmacologici o dopanti. Anche se a volte il risultato della riconquista passa per una trasformazione del corpo e della personalità che vede nelle tre tipologie descritte di seguito le rappresentazioni più abnormi.

La Donna con il Velo. In un ambiente sonnacchiosamente xenofobo come il treno regionale, la Donna con il Velo rischierebbe l’emarginazione, se non fosse che il pendolare leghista medio, resosi conto a mezz’occhio che il velo viene steso sulla superficie intera del sedile e non sul volto, si riaddormenta rassicurato dall’innata propensione all’igiene della femmina italica, e anzi le si avvicina per godere di un cantuccio di riparo dalle zecche, le quali peraltro hanno imparato ad apprezzare il fresco cotone del lenzuolo, tanto da accompagnare la Donna con il Velo anche a casa. A ogni buon conto, la Donna con il Velo viaggia armata anche di amuchina e altri letali disinfettanti spray, che spruzza con compunta e sadica violenza sopra il sedile, sotto il sedile, sotto il velo, sopra il velo, ai lati del sedile e del velo, sulla bocca del pendolare leghista medio, che minaccia di franarle addosso privo di vita come il suo alito. Negli ultimi tempi, non è raro incontrare anche versioni maschili dell’esemplare dormiente, ma questo, dicono gli entomologi di Trenitalia, piuttosto che indurre a frettolose conclusioni omofobe, dovrebbe far riflettere sull’intersessualità dei comportamenti ossessivi compulsivi.

L’Abbonato Urlante. Muto ma lancinante come quello di Munch, e però se possibile ancora più inquietante per l’aggiunta di quella smorfia obliqua che segna il volto di Rafa Nadal dopo l’ennesimo scambio da fondo perso contro Djokovic, l’urlo del pendolare che dorme con la bocca odontostomatologicamente spalancata è una visione sorda e talmente insostenibile che i suoi vicini, se non dormono anche loro, preferiscono consolarsi con il panorama della natura morta della Valle del Sacco. A drammatizzare, se ce ne fosse bisogno, la raffigurazione, le mani dell’Abbonato Urlante sono spesso unite in basso, come legate in supplica, mentre il naso si spinge verso l’alto, forse per sfuggire allo spray della Donna con il Velo. I teologi di Trenitalia sostengono però che il sonno angoscioso dell’Abbonato Urlante sia dovuto ai sensi di colpa, doverosi dopotutto, che deriverebbero dai pensieri ignobilmente peccaminosi e trucemente omicidi rivolti al marketing del Frecciarossa.

Il Pendotauro. Composto come una salma, il Pendotauro impressiona per la forza taurina del sonno e soprattutto del collo, che riesce a tenere il mento a un’angolatura mai inferiore, né superiore, ai novanta gradi e la nuca a una distanza di sicurezza di quindici centimetri dal poggiatesta. Restituisce aumentata l’immagine di un cadavere che ha appena ricevuto l’impagliatura quotidiana la presenza fissa sul naso degli occhiali da sole, indossati nonostante l’alba fatichi anche lei ad alzarsi dalla notte precedente, e un libro, di solito un thriller sanguinolento o un fantasy di troni e spade, che giace in grembo, mai iniziato. Le mani sono distese con il palmo sulle cosce, che con le gambe occupano la cubatura precisa riservata al posto a sedere. Nel prenderlo a modello del pendolare dei treni regionali in una pubblicità che enfatizza l’armonia perfetta delle linee del Vivalto, i medici legali di Trenitalia hanno trascurato l’ipotesi che il Pendotauro sia in realtà tenuto su, più che dallo splenio della testa, dai fili delle cuffie dell’iPod, e che un giorno, che forse è già arrivato, finirà per strangolarsi.