Nella sua incarnazione balneare, il Pendolare è un uomo spogliato, non tanto perché si mostra al pubblico in costume e ciabatte, con le ultime delle quali soprattutto non salirebbe neanche su un Frecciargento, quanto per il fatto che la vacanza lo priva del suo abito mentale ferroviarmente scandito, mettendolo di fronte a una disponibilità inusuale di un tempo che non contempla tabelle orarie.
La perdita della vita tabulare è aggravata dalla crisi economica, senza la quale il Pendolare ricreava almeno un agostano ambiente artificiale di quotidianità fatto di sveglie all’alba che, non senza una punta di autocompiaciuto cinismo, servivano a trascinare giù dal letto tutta la famiglia nella ricerca esasperata di un parcheggio sul lungomare, in marginale anticipo sull’arrivo della automobilisticamente competitiva massa di bagnanti. Con la recessione che invece libera posti auto fino all’ora di pranzo, il Pendolare si trova costretto a prolungare contro natura il suo sonno e timbrare l’arrivo in spiaggia dopo le nove e trenta senza sapere se il recupero della mezzora verrà scaricato dal bagnino sul monte ore delle festività soppresse o da sopprimere.
Per sua fortuna seppure effimera, la visione di obesi clinici presenti e futuri, la respirazione di ascelle a pelo aperto, la contrazione dello spazio vitale annullato dallo schieramento compatto di sdraio e lettini fanno sentire il Pendolare, per un solo nostalgico attimo, a casa sul Vivalto come se fosse giugno, ma lo sciabordio delle onde, non essendo pur con tutta la buona volontà paragonabile allo sferragliare del treno, lo risveglia dall’incanto dell’abitudine.
Andando e ritornando tra spiaggia e abitazione, un rassicurante tran tran per suo conto, il Pendolare consuma il tempo drammaticamente libero secondo un programma di attività teologicamente tripartito che prevede bricolage, cucina e meditazione.
Il bricolage. Incoraggiato dall’impresa nella quale è riuscito ad avvitare quattro cerniere di due ante pendule di due armadi diversi, il Pendolare diventa cliente abituale del ferramenta del paese, disquisendo con una certa falsa naturalezza di tapparelle con cannucce, sistemi carrucolari e stop con o senza gancio. Quando si paventa lo spettro dell’uso del trapano, il Pendolare abbandona a malincuore il sogno di mezza estate del fai-da-te e si fa commissariare da un tuttofare locale, chiedendogli, per risparmiare, se il servizio terziario prestato prevede forme di abbonamento stagionale.
La cucina. A cominciare dalla colazione, un momento sacro e perlopiù solitario durante la stagione lavorativa, il Pendolare chiama i suoi adepti familiari al rito mattutino del cornetto alla marmellata e cappuccino costi quel che costi, ovvero si tratti di addentare cornetti da cerbiatti oppure agire ossessivamente sullo stantuffo dello scaldalatte per formare una schiuma più da bagno romantico che da bar. Obiettore di coscienza del barbecue, più che altro frenato dal fantasma di Gary Lambert e dal mistero della carbonella, il Pendolare fa ampio uso di bistecchiera, la cui produzione di fumo nel piccolo ambiente di cottura gli ricorda tanto le care esalazioni dei freni bruciati nel vagone del regionale.
La meditazione. La boa irraggiungibile davanti a sé, fermo sulla sdraio senza posare la nuca sullo schienale, il Pendolare pensa pensieri di profondità, cercando di capire il limite oltre il quale non toccherà e di conseguenza se e come espletare la penosa pratica del bagno. Decide di continuare a meditare di prendere lezioni di nuoto, considerando che le sue braccia sono l’unico mezzo di locomozione al quale non si è ancora mai affidato.